Kitsch: alla scoperta di uno stile di vita

Il kitsch è nato nelle sfere colte del tardo Ottocento tedesco, si riafferma e diffonde periodicamente nella storia dell’arte.

Del termine si conosce l’anno di nascita, 1860, e il luogo, Monaco di Baviera.

Il Kitsch in quell’epoca ebbe il suo re in Ludwig II di Baviera, tardivo emulo di Luigi XIV (il Re Sole) e i propri monumenti storici nei castelli e nei palazzi di questo eclettico sovrano.

Ma già prima di lui il Kitsch, chiamato di volta in volta Barocco, Rococò o altro, era stato lo stile di nobili e sovrani.

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È prediletto da divi e dive, ma è caro anche alla Regina d’Inghilterra e alle casalinghe di Voghera, in modo democraticamente trasversale.

Parafrasando Nietzsche, si può dire che, di quando in quando, un piccolo peccato di Kitsch dà sapore alla nostra raffinatezza.

Kitsch significato

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Se diamo credito a Wikipedia, il kitsch, vuol dire “…oggetti presuntamente artistici, ma in realtà di cattivo gusto.”, anche Treccani non si discosta molto da questa connotazione, definendolo così “…indica ogni degradazione in senso manieristico dell’opera d’arte…“.

Pacchiana significato

Etimologicamente, la parola deriva probabilmente dal tedesco “pferkistchen” letteralmente “pasticciare“, ma più correttamente traducibile con “pacchiano”. La parola è usabile sia nella sua declinazione maschile “pacchiano” sia nella sua declinazione femminile “pacchiana”.

Non è l’unica “storia” della parola; un grande studioso come Umberto Eco offre un’altra versione, individuando la nascita della parola kitsch dall’inglese “sketch” ovvero schizzo. Proprio gli schizzi erano le richieste che venivano fatte dai viaggiatori del Gran Tour agli “artisti minori”, ai quali si commissionava delle copie delle grandi opere che si potevano ammirare in Italia. La connotazione di queste copie era, naturalmente, di basso profilo, da qui l’associazione tra la parola e il brutto, il poco valore, addirittura qualcosa una sensazione di disturbo e fastidio nei confronti dell’opera stessa.

Negli anni sessanta, nel nostro Paese, arrivò addirittura ad essere un sinonimo di non arte, pseudo arte o addirittura anti estetica. In poche parole pacchiano e di poco valore, qualcosa insomma da evitare.

Certo sono significati poco edificanti, anzi, quasi squalificanti per uno stile che, in fondo, ha rappresentato anche delle grandi espressioni artistiche e che, nel caso specifico, ha dato una linea guida per lo stile eccentrico e unico di Nicoletta.

Il kitsch è però molto altro. 

È una contrapposizione al minimalismo, un’espressione eclettica di una creatività dirompente e, forse più importante di tutte, un raccoglitore di intelligenza auto-ironica, capace di cogliere le sfumature di raffinato stile all’interno di un complesso – appunto – kitsch.

Come si pronuncia kitsch

La parola kitsch (kɪtʃ) si pronuncia “nascondendo” la S, quindi il suono sarà con la prima parte ki dura e la seconda tsch in cui avremo la sonorità più morbida con la S e il CH ma “ferma” grazie alla T.

Lo stile in Italia

Uno tra i primi italiani ad indagare appieno questa corrente artistica è stato sicuramente Gillo Dorfles, grandissimo studioso d’arte che con il suo “Il kitsch. Antalogia del cattivo gusto” indaga con completezza e competenza il variegato mondo del pacchiano. 

Parafrasando il grande storico: “la bellezza (così come la “bruttezza”) non è una qualità intrinseca delle cose; esiste solo nella mente dello spettatore“.
Si possono trovare rimandi in architettura, design, moda, pubblicità, cinema, musica e, naturalmente arte.

Moda kitsch

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Nel mondo della moda sono tanti gli esempi di stilisti che hanno deciso di adottare lo stile eccentrico, basti pensare a Dolce e Gabbana, con i giochi di intrecci tra Sicilia e kitsch dove la fanno da padroni strass, pailettes e perline.

Paul Smith, il noto stilista amante delle “righe colorate” si è sempre dichiarato un amante del kitsch.

Anche Gucci deve, molto probabilmente, il suo rilancio all’adozione di uno stile che strizza l’occhio allo stile “grottesco”.

Nella moda – troppo spesso – si è vista la dicotomia “chic o kitsch” quando sono concetti che possono benissimo convivere insieme, non a caso, i più attenti hanno coniato il termine “ugly chic” (brutto ma elegante) proprio per definire più opportunamente lo stile kitsch.

Arte kitsch

Così come per il mondo della moda, anche nell’arte questo filone si è dimostrato molto amato dagli artisti.

Oggi, forse, uno degli artisti più apprezzati e valutati positivamente dal mercato è Jeff Koons che ha realizzato una serie di opere davvero interessanti.

Arte kitsch
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Basti pensare all’opera installata a Parigi “Bouquet of Tulips”, in ricordo degli attentati di Parigi del 2015.

Come in tutte le cose, specie quelle forti, non sono mancate polemiche, anche importanti all’opera dell’artista. Naturalmente, visto da un contesto più ampio, le critiche perdono un po’ della loro forza – in particolare – se viste attraverso un grande scrittore e poeta come Milan Kundera, che nel suo capolavoro letterario “L’insostenibile leggerezza dell’essere” del 1984 individua bene i caposaldi di questa corrente scrivendo:

“Quando parla il cuore non sta bene che la ragione trovi da obiettare. Nel regno del Kitsch impera la dittatura del cuore.”

Altri grandi artisti si sono confrontati con questa corrente, basti pensare alle creazioni di rottura di Damien Hirst uno dei più quotati artisti che ha fatto di questa corrente un suo cavallo di battaglia.

Sedie kitsch

Nicoletta Poli, sedia kitsch

Facendo di questa corrente un’arte vera e propria, Nicoletta Poli, ha iniziato a realizzare le sue creazioni artistiche applicando i canoni di bellezza eccentrici e auto-ironici a dei prodotti iconici ed evocativi come le poltrone.

È un paradigma unico e interessante perché si uniscono le filosofie intrinseche delle poltrone come oggetti di potere, di superiorità e perché no di comodità, con un’interpretazione ironica (spesso auto-ironica) che, da un lato, sdrammatizzano l’oggetto e dall’altro lo elevano da oggetto d’uso a opera d’arte vera e propria.

Il minimalismo ha stancato

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